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Eppure c’è stato un tempo in cui vedevo le cose chiaramente. Con gli occhi, con la mente, con l’obiettivo della macchina fotografica. Ora le cose che guardo potrebbero benissimo apparire dal finestrino di un treno in corsa. Riconosco l’idea delle cose, senza vederle veramente.


Quando sei su un treno le vedi le cose là fuori, ma non le fai tue. Riconosci l’idea di un albero, di una macchina, ma non vedi quell’albero, quella macchina. Quell’uomo laggiù, ad esempio, quello che cammina per i campi, è troppo distante per sapere che faccia ha, se è sereno o preoccupato, se il campo è suo o ci lavora soltanto. Vedi una lunga fila di cartelli pubblicitari, perché lo sai come sono fatti, ma sono troppo vicini per leggere quello che c’è scritto. Da quelle macchie sfuocate non riuscirai mai a sapere se l’orchestra “Marisa” ha già suonato in qualche balera lì vicino o sarà ospite alla festa del paese.
Vicine e sfuocate, distanti e confuse, quelle cose non saranno mai importanti per te. Dal treno ne vedrai ancora tante, ma il bello è che non avrai modo di conoscerle. Arriverà il momento in cui ti metterai a sedere al tuo posto e guarderai le facce dei tuoi compagni di viaggio. Poi aprirai lo zaino e leggerai il libro che hai scelto di portare con te, magari aggiungendo alcune note a bordo pagina.


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