Un discorso meno reticente ed ermetico del solito

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 C’è una cosa da dire su di me, non sono invidioso. A volte spietato, a volte realista, ma non invidioso. Da sempre sono portato a riconoscere i meriti altrui, come anche ad assumermi le responsabilità dei miei insuccessi. Non è necessariamente un’ammissione d’umiltà, anzi. Spesso un atteggiamento di questo tipo nasce dall’enorme stima (che nei momenti difficili si trasforma in speranza) che ripongo nel mio potenziale. Che questa stima sia esagerata, non mi è dato saperlo, ma mi rendo conto che dall’esterno può non sembrare adeguata ai risultati che ho raggiunto.
La vita mi ha dato, in misura ragionevole, tutti i biblici talenti di cui posso aver bisogno, non ho nulla da rimproverarle. Non ho mai dovuto affrontare situazioni particolarmente avverse, non ho alibi dietro cui nascondermi. Laddove non sono soddisfatto dei valori tangibili ed enumerabili che ho raggiunto (e parlo unicamente di questi), so di essere l’unico responsabile, nè vorrei fosse altrimenti.

A breve inizierò a giocare sullo stesso campo delle persone che ho vicino, un campo più duro, un campo in cui i valori palpabili assumono ancora maggiore importanza. Dove lo status, le cifre, le ferie e il titolo, possono davvero essere il tuo biglietto da visita, anche tra amici. E non nego che la cosa mi preoccupa, prima ancora di infastidirmi.

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