Cinema e calcio

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Eppure gli americani ci riescono. A fare cosa? A produrre dei film che catturino l’epica dei loro sport preferiti. Pensiamo al baseball, così misterioso per noi europei. Senza neanche pensarci su mi vengono in mente 4 film che meritano di essere visti: "Il Migliore", "Bull Durham", "L’uomo dei sogni" e "Otto uomini fuori". Cazzo, il baseball è la spina dorsale della carriera cinematografica di Kevin Costner. Bisogna levarsi il cappello di fronte ai cineasti americani, se c’è una cosa che sanno fare bene è saper rivendere i loro miti.

In Italia c’è solo il calcio. Gli altri sport non esistono, almeno sui mass media nazionali. E’ il motore primo di tutte le chiacchere da bar, distaccando di netto il più prossimo contendente, le donne. Il cinema italiano si è mai occupato di calcio? Certo che l’ha fatto, ma come? In modo farsesco, nel senso più volgare del genere "commedia all’italiana". Toni più da avanspettacolo che da opera cinematografica. Film talmente brutti da essere diventati oggetti di culto. Su questo non ho nulla da obiettare, sono sempre stato un estimatore del trash.

Quando la cronaca si perde nel tempo, gli eventi sportivi vengono tramandati nella memoria collettiva dai racconti, dalle storie raccontate a parole o per immagini. E’ allora che nasce l’epica di uno sport o di un singolo evento. Per quanto riesco a ricordare c’è un solo film, prodotto dal cinema italiano, che è riuscito a raccontare una storia di calcio in modo elegante ed onesto. Lo dico subito, "Ultimo Minuto", diretto nel 1987 da Pupi Avati, non è unUltimo Minuto capolavoro. A parte la buona prova di Tognazzi, finalmente slegato dal ruolo di caricatura, la recitazione dei comprimari non sarà ricordata per le alte vette raggiunte. E’ un film europeo, dai sapori agrodolci, non è una favola costruita per far sognare lo spettatore. Non siamo capaci di fare gli americani. In tutto il film non si vede neppure un’azione di gioco in partita, la descrizione degli eventi viene delegata ai radiocronisti. Non viene mai pronunciato il nome della squadra al cui interno si svolgono i fatti. Tognazzi è un vecchio direttore generale, abituato a muoversi in acque pericolose, per il bene della sua squadra. Crisi finanziarie, bilanci truccati per favorire l’acquisto della società, partite comprate per evitare la retrocessione, calcioscommesse. Temi molto attuali, nonostante i 17 anni di distanza. La sceneggiatura è buona, anche se indugia un po’ troppo in alcune vicende sentimentali dei protagonisti. Gli attori di contorno sono pessimi, ma non riescono a rovinare un film che, a mio avviso, merita di essere visto. Se non altro perché è l’unico film decente sul calcio italiano.

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