Viaggio in Italia – Atto II

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Ancora qualche appunto mentale e visivo sul viaggio che abbiamo recentemente concluso. La prima puntata è QUI.

Il Motel fantasma

Adoro la parola Motel, mi sembra figlia di un tempo che fu, un po’ come Snack Bar che leggevo sempre sulle scatole dei LEGO e che, a quanto ne so, continua ad essere usato con regolarità solo in Veneto. Motel letteralmente deriva dalla contrazione di Motorists e Hotel (Hotel per automobilisti, all’incirca), il giorno che mi hanno spiegato questo trucco ho posto fine ad anni di incertezze infantili su quale parola usare: quando ero piccolo ero perfino convinto che, visto che M e H si assomigliano, fosse indifferente come si scriveva o pronunciava la parola.

Questo particolare Motel l’abbiamo beccato per puro caso sulla statale che dalla Salerno – Reggio Calabria attraversa la Basilicata e conduce a Matera. Era abbandonato e spettrale, per quanto può essere spettrale un edificio col sole d’agosto e con 40 gradi all’ombra. Diciamo che faceva un po’ effetto far west. Insegne a posto, porte e finestre murate per evitare intrusioni, scale esterne murate per evitare l’accesso alle camere superiori, ma muretto divelto. Camere ancora semiarredate, con mobili di legno e materassi per terra, vetri rotti e segni di bivacco. Abbiamo fantasticato di sequestri per infiltrazioni mafiose, abbandono dei lavori e robe del genere, ma in realtà non sappiamo quale fosse stata la sorte del Motel. Il posto incuteva oggettivamente un certo timore e il nostro coraggio, che ci ha portato a salire all’ultimo piano, non ci ha supportato nell’entrare a visitare la struttura interna del palazzo. Giusto una sbirciatina alle camere.

Per dirla tutta, al primo rumore che non ci suonava giusto abbiamo deciso di portare via le balle, anche perché, in effetti, non eravamo proprio sicuri che il posto fosse disabitato e la statale non era proprio vicinissima: insomma eravamo soli in mezzo al nulla e iniziavamo a sentire odore di cacca, la nostra.

Puglia – Sulla strada

Due cose m’hanno colpito delle strade pugliesi. La prima è la rumenta che, per i non genovesi/basso piemontesi è l’immondizia, il pattume, la spazzatura, la munnezza. Tanta tanta tanta, tutta lungo le strade. Abbiamo fatto chilometri di statale in cui era disposta a bordo strada senza soluzione di continuità. Roba che ci vuole anche dell’impegno per disporla in maniera così ordinata da non lasciare nemmeno un buco vuoto. Perché non era disposta in mucchietti, era disseminata ordinatamente tipo traccia di Pollicino. Perfino presso quella meraviglia storica che è Castel del Monte la rumenta faceva bella mostra di sé a pochi metri dal castello, sul sentiero panoramico che scorreva intorno.

La seconda cosa è più folkloristica. Attraversando il Parco Nazionale dell’Alta Murgia sulla nostra bella strada statale abbiamo notato che ad ogni piazzola di sosta, ad ogni slargo, ad ogni casa cantoniera (dismessa o no), ad ogni cascina che si affacciasse sulla strada si trovavano materassi sporchi e logori, cagati per terra senza troppi riguardi, copertoni di auto o camion oppure bidoni metallici per ospitare dei falò e, savansandìr, l’immancabile e familiare traccia di rumenta sparsa. Queste postazioni si ripetevano a ritmo incessante ed erano ovviamente funzionali ad un certo tipo di trattativa economica che, solitamente, si svolge di notte (ma non necessariamente). Quando dico incessante non sto scherzando, intendo davvero ogni 200 metri, per parecchi chilometri. La cosa mi ha lasciato perplesso, non per la natura decisamente usuale dell’attività svolta, ma per l’opportunità del luogo. Se io, cliente pugliese, volessi ricercare i servigi di una prostituta, sceglierei davvero di fare un sacco di strada da qualunque città io parta per arrivare in mezzo al nulla nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia? Perché non credo che una simile concentrazione d’offerta sia lì per soddisfare gli insaziabili bisogni di qualche contadino locale. Mistero.

Roma – Multinazionale Vaticano SpA

Uno può pensare quello che vuole, ma le aziende straniere comunicano spesso, a noi italiani, un senso di efficienza a noi ignoto. Prendete la visita alle Catacombe di San Callisto, gestite dal Vaticano, la visita guidata è programmata alle 11 e alle 11 in punto arrivano LE guide: chi vuole la guida che parla italiano venga qui, español, english, deutsch, français… Sette guide (ovviamente preti, perché dare in outsourcing quando si hanno le risorse interne?) che parlavano sette lingue diverse, gruppi ordinati che si incrociavano all’interno degli stretti cunicoli senza mai calpestarsi i piedi o far attendere troppo gli altri gruppi. Nessun incidente, nessun disordine, la stupidità di alcuni visitatori (di cui ha parlato Santuzza) non dipende certo dell’organizzazione, molta competenza e anche una certa abilità di affabulazione della nostra guida, una visita che mi ha stupito per efficienza dell’organizzazione e per bellezza e suggestività dei luoghi, un bel colpo di culo considerando che, fossi stato da solo, non mi sarebbe mai venuto in mente di visitare le catacombe, di cui avevo sporadiche informazioni risalenti forse alle scuole medie o, chissà, l’ora di religione. Ma mi sembra strano, nessuno sta attento a religione!

 

Per ora la pianto qui, forse ci scappa anche una terza puntata, vediamo se mi gira.

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