Ungiornemmezzo

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E’ dura trovare qualcosa da raccontare quando le giornate passano tutte uguali. Oggi, che ho fatto oggi, ah ho studiato. Come ieri. Come l’altroieri. Come il giorno prima. Come… vabbé ci siamo capiti, no?

Si studia bene senza nessuno in casa, quasi mi dispiace essere al mio ultimo esame, ci sto prendendo gusto. Però la solitudine porta a fare cose bizzarre, tipo dare i nomi alle cose, la poltrona Lella, le ciabatte Giovannamelandri (ciabatta sinistra) e Stefaniaprestigiacomo (ciabatta destra), etc. Il fatto  preoccupante è che queste cose sembrano avere una vita più intensa della mia: ad esempio, oggi Leopoldo, il batuffolo di polvere che di solito vive sotto la scrivania del computer e che si nutre di energia elettrostatica e peli di gatto, s’è fatto un giro per la stanza, poi è tornato al suo posto.
L’ho guardato ammirato per qualche secondo, ho perfino provato a chiamarlo come si fa coi gatti, in fondo il DNA è quello. "Mcpmcpmc-mcpmcpmc" (l’onomatopea fa schifo, lo so, provateci voi a scrivere quel verso): niente, da sotto la scrivania e non s’è mosso più. Un po’ ci sono rimasto male, non che m’aspettassi alcunché di straordinario, ma chennesò un movimento, un accenno, una mezza rotolata…
Bene, per stasera ho finito, domani si torna ai meravigliosi segreti delle linee di trasmissione e dei convertitori Analogico – Digitale – Analogico, ancora per un intero giorno. Anzi ungiornemmezzo.

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