(Tele)camera con svista

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Si, lo so. E’ la seconda volta in pochi giorni che parlo di ‘ste cose. Lo giuro, è una circostanza particolare che mi spinge a replicare. Perché qui si sfiora il caso umano e, signori, coi casi umani non si deve scherzare.

Mettetevi anche voi nei panni di quel povero dipendente Mediaset. Frustrato da una passione evidentemente non ricambiata, per una collega, tale Saf­iria Leccese, giornalista di Studio Aperto (?!?). Magari l’incontra ogni giorno, mentre si aggira per i corridoi aziendali col suo rigido tailleur da donna in carriera. Col suo incedere un po’ sado-maso, la borsetta firmata, il cameraman al guinzaglio. Magari lei s’é fermata, una volta, alla macchinetta del caffé, ma lo sventurato non ha trovato il coraggio di attaccar bottone. Avrà tentato un patetico sorriso, che in queste circostanze riesce sempre male. Magari lei non se n’è neppure accorta, e forse è meglio così. S’è voltata, con un gesto deciso e vagamente castrante ha buttato via il bicchierino di plastica, ed è partita per Cogne, a realizzare l’ennesima interessantissima intervista al vicino di casa dei coniugi Lorenzi. O forse è andata a Rimini, per scoprire se il maltempo ha rovinato la tintarella di chi è ancora in ferie a settembre.
E lui, il nostro caso umano, ormai triste, deluso, consapevole della propria inettitudine, non ha potuto far altro che ritornare al suo open-space. Ha controllato che i colleghi fossero ancora in pausa, e se è messo a cercare su internient l’oggetto del proprio inconfessato desiderio erotico.
Ed è capitato qui. Quando si dice la sfiga.

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