Storie dalla strada a sei corsie

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Sai, quando si vive in una strada a sei corsie anche le cose normali sembrano strane. Perché quando uno passa veloce con la macchina, sempre che il traffico non lo costringa a fissare per ore l’adesivo "champoluc è monterosa ski", appiccicato sul bagagliaio della Clio davanti, a perenne celebrazione di un capodanno sicuramente memorabile, ma dicevo, quando uno passa di lì pensa che chi vive nella strada a sei corsie si teletrasporti direttamente dal portone alla macchina. Nessuno cammina in una strada così, a meno che non sia proprio necessario. L’unico negozio interessante è "Il Paradiso dello sport", un posto che porticinon si visita proprio tutti i giorni, anche perché c’è un limite fisiologico alle paia di scarponi e attacchi che si possono comprare in una stagione. A meno che tu non sia un azzurro di sci, ma allora gli scarponi te li danno gratis, non li vai a comprare, tanto meno al "Paradiso dello sport". Si, ci sono dei bar, ma non di quelli che ci passi la giornata, un caffé e via. Io neppure quello, il caffé non mi piace. E poi alle otto sono già chiusi.
Quindi sembra strano che alle novemmezza di una sera qualunque ritorni a casa, con l’ego viziato oltre i suoi meriti, e incontri una, due, dieci persone che passeggiano sotto le atroci luci gialle che illuminano i portici. C’era pure un tizio che faceva acrobazie con la bici, come in una Venice Beach a sei corsie. Son piccolezze, lo so, ma notevoli. Non ci siamo abituati, noi che viviamo in una strada di passaggio, una di quelle linee rette e lunghe che solo la toponomastica riesce a collocare in un quartiere. Perciò non ti stupire se, passeggiando di sera in una strada a sei corsie, un estraneo ti saluta, come si vede ormai solo sui sentieri di montagna. Probabilmente vive lì, ed è sorpreso più di te.

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