Splinder è morto

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E così ieri 1° febbraio, a mezzogiorno circa, Splinder ha tirato le cuoia come da programma. Anzi, pure con mezza giornata di ritardo.

In questi momenti provo un mix di magone e incazzatura per come la piattaforma è stata lasciata agonizzare fino alla morte. Devo tanto a Splinder e ai suoi ideatori, quelli di Tipic. Grazie a loro ho scoperto il piacere della comunicazione scitta e tante altre belle cosucce che, in parte, ho già descritto in altri post, tipo questo. Grazie a Splinder ho conosciuto  marchesadesade (che poi nel cambio s’è scoperta santuzza, un salto piuttosto ardito, devo ancora decidere se ci ho perso o guadagnato).

L’incazzatura è per come è stata gestita la vita tecnologica di Splinder, dopo che i suoi fondatori hanno monetizzato il loro lavoro vendendolo a una ditta che, sulla carta, avrebbe dovuto far crescere ulteriormente la piattaforma. Dada invece non è riuscita a capire cosa aveva tra le mani e, soprattutto, non ha capito come farci dei soldi. Perché il punto è sempre e solo quello. Non si è sviluppato un modello di business credibile. Splinder, per i nuovi possessori, è diventato principalmente una scocciatura. Decine (centinaia) di migliaia di utenti, e tutti che pretendevano che il loro blog fosse sempre online, che funzionasse bene (che pretese), che si adeguasse tecnologicamente la piattaforma e che magari qualcuno fornisse loro assistenza, in caso di magagne. Tutti costi non trascurabili, anche viste le dimensioni raggiunte dalla comunità.

Ecco appunto, la comunità. I blog possono anche sopportare la chiusura di una piattaforma, io mi sono trasferito, tanti altri l’hanno fatto. Tutti quelli che volevano tenere in vita tanti anni di tasti pigiati davanti a un monitor si sono attrezzati in qualche maniera. Ma la comunità s’è persa. Una diaspora ci ha scaraventati ai 4 angoli del ciberspazio. Al contrario di tante altre piattaforme Splinder non era un blog con anche una community. Splinder ERA una community. Sarà che quando molti di noi si sono iscritti il fenomeno dei blog era agli esordi, almeno in italia, c’era un passaparola quasi massonico tra gli adepti, i quali si sentivano davvero parte di qualcosa e si sono sentiti in dovere di accogliere, nel tempo, tutti i nuovi arrivi. Spesso sopperendo alle carenze della struttura Splinder.

I blog, la community, le persone che stavano dietro agli avatar, erano un patrimonio che i proprietari di Splinder hanno deciso di sperperare, chiudendo un sito che altri editori si erano perfino offerti di mantenere in vita, rilevandone la struttura. Quindi un doppio grazie agli ultimi proprietari di Splinder. Splinder non è morto ieri, non è morto neppure quando la gente ha iniziato ad iscriversi a facebook. Splinder è morto alcuni anni fa, quando la proprietà ha deciso di non investire nella piattaforma, senza aggiornarla, senza adeguarla a funzionalità più moderne, senza capire come farla rendere, facendola andare alla deriva, in mano solo ai propri utenti.

Grazie Splinder. Grazie di tutto. Hai cambiato la mia vita, e mi mancherai.
Hardla

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