Robe di Kappa

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C’era una volta un ministro degli interni. Era cattivo, molto cattivo. Tanto cattivo che buona parte della gente del Bel Paese scriveva il suo nome con la Kappa e la doppia Esse maiuscola. KoSSiga, così lo chiamavano. Solo che le Esse erano un po’ più strette e appuntite, a ricordare altre due Esse, di gente ancor più cattiva, neanche tanto tempo prima. La Kappa, invece, l’avevano presa in prestito da Kissinger, un cattivo americano che era il vero padrone della politica di quel paese, al tempo dei pantaloni a zampa d’elefante. E se era il padrone della politica ameriKana (così scrivevano, pure), allora possedeva pure la politica mondiale. E la gente lo odiava di più, e lui diventava ancora più cattivo.

Tanti anni sono passati da allora, KoSSiga ha fatto per un po’ il presidente-minatore, grazie alla sua formidabile abilità col piccone. Poi smise di scavare, regalò il piccone all’ottavo dei sette nani, e la gente si dimenticò di lui, del cattivo con la Kappa.

Fu quando i pantaloni a zampa d’elefante tornarono di moda che la gente si ricordò di quanto era bello usare le Kappa, dimenticando, però, perché le usavano, tanto tempo fa. Ovunque le Kappa reclamarono la loro dignità perduta, e la gente ricominciò ad usarle, a sproposito, perlopiù. La doppia Esse no, quella la lasciarono quasi sempre nei libri di storia. E forse fu meglio così, perché è difficile scrivere quel carattere, così stretto e appuntito, in un SMS o in una chat.
E così, nel bel paese telematico, vissero tutti felici e kontenti. O quasi.

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