Ricordi

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Vabbé, qualche volta ho scritto delle poesie. Giusto qualche giorno fa sono andato a rileggermele. Facevano veramente schifo.

E non solo, non era possibile che fossi stato io a scriverle. Non posso essere stato così. Non voglio essere stato così.

Questa però è diversa, questa la salvo, tutto sommato. Non è neppure una poesia, è una lista di ricordi d’infanzia a cui ho dato un titolo.

 

Sono sicuro di averla scritta, quelli sono i miei ricordi, cazzo.

 

 

ASPETTANDO IL GENOA

 

Il Genoa è una domenica pomeriggio d’inverno
una giacca a vento
è una canzone al juke box
il mio primo walkman
un pomeriggio troppo lungo
è aspettare qualcuno che non arriva
è aspettare il collegamento alla radio
è aspettare l’ora di tornare a casa
è aspettare
passeggiando per i boschi
oppure sedendo sotto l’albero davanti alla pizzeria
è sembrare indaffarato
per non sembrare troppo strano
agli occhi delle persone che incontro
salutare solo se costretto
dare risposte di comodo
è stare al freddo per stare solo
perché intanto il freddo non mi ha mai preoccupato
il Genoa è un cuscino rosso e blu
uno di quelli da stadio, ripiegabili
è il mio portachiavi col simbolo degli anni ’80
è il disegno di un giocatore
è Martina, Romano, Testoni….
Faccenda e Testoni, i gemelli dell’autogol
Eloi, Eloi, vieni a pescare con noi
ci manca il verme
gli album Panini delle elementari
le canzoni di Baglioni
lo scudetto introvabile
è Martina, nato a Sarajevo
la barba di Vandereyken
ballare con i compagni le canzoni di Grease
"dimmi tutto, cocco!"
e ancora la campagna
e aspettare la macchina dei miei zii
e Giuseppe
dalla piazza o spiare dalla finestra di casa mia,
che intanto si vede tutta la vallata
e la strada che la percorre
il GR1 sulla radio a pulsanti bianchi
oppure la tv in bianco e nero della nonna
Genoa Cesena nei vecchi distinti con Matteo e suo padre
le domeniche, tutte quelle domeniche da solo
andare a chiedere gli spiccioli a mio padre
in bocciofila
per i videogiochi o la spuma
il fango e il k-way
gli stivali che non ho mai voluto indossare
e poi Russia di Sting
Relax dei Frankie Goes to Hollywood
al juke box che spunta dalla serranda abbassata a metà
aspettare la 131 verdone di Alessia
aspettare Fabio o Simone
che non c’erano mai
aspettare che quella cazzo di Citroen GS beige
si mettesse in moto per tornare a casa
le sospensioni che si alzavano da sole
le nausee della strada a curve
i lampioni gialli nel buio della sera d’inverno
le code a Pontedecimo
le code in autostrada
le code al casello di Sampierdarena
le code in corso Torino
il parcheggio
il portone
casa
la sintesi di serie A
cena
crescevo aspettando
crescevo solo
crescevo provando fastidio verso gli altri
tutte le promesse che mio padre non ha mai mantenuto
sono diventate sempre meno importanti
meno importanti
nulla
e intanto crescevo
facendo conto solo su di me
aspettando e ascoltando il walkman
passeggiando nel fango
sotto le nuvole o la pioggia
ascoltando Bari Genoa 4-4
capendo più di quello che avrei voluto capire
trattando le persone come figurine
senza carattere
anche questa volta ci tocca andare in serie B
e allora si aspetta di risalire
tanto arriva quel nuovo straniero
che è fortissimo
camminando con gli occhi bassi ai margini della strada
facendo l’agente segreto
vedendo tutto, notando tutto
capendo tutto tranne le cose importanti
un agente segreto invisibile
con il mondo come nemico
uno così non può vincere
al massimo riesce a sopravvivere
nascondendosi
ascoltando l’ultimo autogol di Faccenda
aspettando Briaschi
aspettando l’intervento alla radio
aspettando il buio della sera
aspettando di crescere
da solo.

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