Mike Bongiorno e la musica elettronica giapponese

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Ero in uno dei miei deliri da Youtube, uno di quelli che inizi con “toh, c’è un video che spiega come fare il pollo fritto tipo KFC” e ti ritrovi 4 ore dopo a guardare video di treni in soggettiva.

Ieri sera ho pensato: “ma quanto era figa la sigla di BIS?”. BIS, per quelli che negli anni ’80 erano altrove, era un famoso gioco a premi condotto da Mike Bongiorno su Canale 5.
Sul tubo c’è, tra le altre, la prima puntata completa, divisa in otto comodi (!?!) spezzoni da tre minuti l’uno. Vedere la prima puntata fa tenerezza, era il 1981 e Mike Bongiorno che all’epoca aveva già 57 anni, ci spiegava con orgoglio che BIS andava ad inaugurare una nuova fascia oraria di programmazione. Nessuno, all’epoca, riteneva utile trasmettere programmi nella fascia mattutina o intorno all’ora di pranzo. Si riteneva che un monoscopio fisso fosse preferibile allo spreco di soldi per la produzione di programmi che nessuno avrebbe comunque guardato. Non un’idea del tutto bizzarra, un bel monoscopio aiuterebbe ad aumentare di molto la qualità della tv odierna. Pensate al pomeriggio di Canale 5, monoscopio batte Barbara D’Urso tutta la vita.

Nel primo video Mike individua il suo nuovo pubblico del mattino in massaie, anziani, bambini, gente malata, in ospedale o casa di cura, e lavoratori che magari vanno al bar per la pausa pranzo e trovano la tv accesa. E lo dice con quel suo celebre tono paternalistico che gli veniva sempre così naturale, tanto che alla fine l’inesperto spettatore degli anni ’80 era portato a ringraziare il famoso presentatore per aver rinunciato a qualche ora di sonno mattutino per dare conforto a categorie che erano evidentemente così inferiori e svantaggiate dalla vita e dalla sorte. Praticamente beneficienza. Concetti come percentuali di share e profilazione del mercato pubblicitario sono ancora lontani dalla percezione comune del pubblico, ma evidentemente non sconosciuti ai vertici dell’allora Fininvest.

Tra i vari momenti nostalgia o WTF di quella prima puntata-spiegone cito in ordine sparso: i due concorrenti erano Elenora Brigliadori e il pupazzo Five (!?!); Five lo ricordo con affetto ma la percezione di un bambino alle prese con un linguaggio televisivo nuovo è differente da quella di un 45enne che gli darebbe volentieri fuoco; Marco Columbro (che era la voce ufficiale di Five) era volutamente petulante ma le sue battute non strappavano un sorriso nemmeno per sbaglio, erano decisamente altri tempi; Eleonora Brigliadori si vantava della sua lunga carriera in tv, quasi 2 anni (!) tra Canale 5 e la sua antenata Telemilano 58; i disegni dei premi e dei rebus erano imbarazzanti; i premi invece facevano tenerezza, erano segno di un tempo ormai andato; le 36 caselle del tabellone erano gestite da un complicatissimo sistema di proiettori di DIAPOSITIVE, altro che computer, e infatti le caselle spesso si sovrapponevano tra loro ai margini; Ludovico Peregrini era un mito.

Questa prima puntata è commovente per l’ingenuità generale che si percepisce. Tutto è nuovo nei primi vagiti della tv commerciale, un terreno inesplorato per gli spettatori ma pure per gli addetti ai lavori. In rete si trova pure l’ultima puntata del programma, finito nel 1990 dopo 9 stagioni. Guardandola si capisce che il gioco è rimasto sempre lo stesso, di base, ma è sparita la patina di dilettantismo e improvvisazione. La comunicazione, i ritmi, la gestione del programma e perfino i concorrenti stessi non sono poi così diversi da quelli a cui siamo abituati oggi. Dai primi vagiti all’adolescenza.

Ora però chiudo qualche parentesi e torno al discorso iniziale, che in realtà io volevo parlare della sigla.

Me la ricordavo come fighissima e, risentendola, è fighissima davvero. Un concentrato di musica elettronica retrò, o almeno retrò adesso, per l’epoca doveva essere molto moderna. Con l’orecchio del 2019 mi ha sorpreso quanto fosse buona, considerando il livello medio delle cose dell’epoca, tipicamente composte dall’onnipresente Augusto Martelli.

E un motivo c’è. No, ok, non l’ha composta il buon Martelli.

In effetti è un brano piuttosto popolare in tutto il mondo. Il titolo è Rydeem ed è stato scritto dalla Yellow Magic Orchestra, nome che a me non diceva nulla fino a quando non ho capito che era la formazione di Ryūichi Sakamoto, mica l’ultimo degli stronzi.

Ora, io non sono un esperto di musica, tantomeno quella giapponese, ma Sakamoto è un nome celebre e perfino io lo conosco. E la YMO pare fosse (sia, sono ancora attivi, in effetti) la versione giappa dei Kraftwerk e hanno influenzato un sacco di artisti in tutto il mondo piantando il loro seme pefino nella scena dell’hip hop americano.

Il video ufficiale della canzone è esattamente quello che ti aspetteresti da un gruppo elettronico giapponese degli anni ’80: un concentrato di effetti visivi lo-fi, colori psichedelici, montaggi serrati, gag, facce buffe con espressioni impassibili e invasioni aliene. Imperdibile.

Il suono, così 8-bit, rimanda direttamente all’era dei computer con cui sono cresciuto, ai giochi del Commodore 64 o dei cabinati da bar. E infatti non mi sorprende che Rydeen sia stata utilizzata come colonna sonora di giochi dell’epoca. Una mezza dozzina di giochi, in effetti, l’hanno utilizzata. La cosa che mi sorprende è di non essermene mai accorto, visto che almeno un paio credo di averli giocati.

Sicuramente questo, che avevo sul C64!

Adoro girare alla cazzo su internet.

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