Le vite degli altri

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Mi sono sempre piaciuti i film biografici, di personaggi famosi soprattutto. Forse perché una buona storia è ancora migliore quando sai che è vera. O forse perché in un paio d’ore mi risparmio la fatica di leggermi un libro sullo stesso argomento, vai a sapere.

Ma c’è un punto, un momento, in cui la storia interessante termina e tutto sfuma in nero. Ma non va subito ai titoli di coda. Perché un film biografico deve raccontare la vita del suo protagonista, non solo il suo momento di massimo fulgore. Ma un film biografico non può neppure durare 10 ore.

E allora il resto della vita lo sintetizza in poche asettiche pagine scritte, in coda alle immagini, ma prima dei titoli. Alcune diapositive ci informano della sorte toccata alle persone narrate. Riassumendo talvolta, e in modo piuttosto brutale, interi decenni di vita in poche righe. Ed è questo il punto in cui io di solito mi commuovo. Quasi sempre.

Perché non importa quanto tu sia grande, quanto tu abbia fatto nella vita o quanto le tue azioni possano aver ispirato gli altri. La verità è che tutti, grandi uomini o no, alla fine si morrà. E’ così che si concludono sempre quelle poche righe in coda ai film. Perché non c’è un altro modo per finire una biografia. E una vita.

Quei riassunti posticci riescono a darmi più d’ogni altra cosa la sensazione della verità, in un film biografico. Mi tolgono l’illusione della finzione cinematografica, e mi riportano alla realtà. Perché per due ore mi hanno fatto amare un personaggio, ma nell’ultimo minuto il personaggio ritorna persona vera, e crepa.

E io, che alla morte non penso mai, sono costretto a confrontarmici. Seppur in modo molto indiretto. E quel minuto finale è un pugno nel mio stomaco.

E allora va a finire che mi commuovo per un film.

 

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