La fine della crisi

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Metti che un giorno l’addetto stampa della celebre agenzia di rating Moody’s arrivi al lavoro davvero stravolto, che magari abbia scopato tutta la notte con due gemelle ninfomani albine sadomaso, lasciando davvero poco tempo al riposo del corpo e della mente. Metti che, nella sua stanchezza, invece che riportare un declassamento dell’economia italiana da A2 ad A3, con previsione negativa, sbagli riga e finisca per scrivere di una rivalutazione da A2 ad A1, con previsione positiva.

Metti anche che la notizia finisca su tutti i giornali e le tv, e che Moody’s, fatta la cazzata, per non sputtanarsi pubblicamente, decida di non smentirla.

Cosa succederebbe?

Nella mia ignoranza di faccende economiche (e dal tono ingenuo e qualunquista del post penso si possa intuire) mi piace pensare a una improvvisa esaltazione psicotica, un vortice di esultanza e sollievo per la fine della fottuta crisi. Un circolo virtuoso di speranza che generi consumi che favoriscano prodotti che ripaghino lavoratori che a loro volta ritrovino speranza che al mercato mio padre comprò.

Un movimento totalmente irrazionale, puramente emotivo, che abbatta lo spread con la forza della sola economia reale con una potenza pari o superiore alle depressioni che hanno generato (o che sono state generate da) la situazione precedente. E sull’onda dell’immotivato entusiasmo anche le altre disastrate economie europee ne possano trarre giovamento, portandosi fuori dalle pericolose acque in cui navigano.

Lo so. Sono un illuso. La crisi è una roba mondiale, è una roba seria. Non è solo italiana o greca o irlandese.

E allora facciamo così. Metti che un giorno non uno, ma tutti tutti i dipendenti di Moody’s, e pure quelli di Standard & Poor’s, arrivino al lavoro stravolti di stanchezza, dopo aver passato una nottata di fuoco in compagnia di trenta gemelle ninfomani albine sadomaso, quattro viados brasiliani davvero molto intraprendenti, sette nani, la Minetti (che coi nani ha dimestichezza), Fede, Mora e tutto il loro carrozzone, le ragazze Fast Food, le ragazze Cin Cin, tutti i/le modelli/e di Postalmarket dal 1985 ad oggi, Marina Ripa di Meana, tanta vodka e cocaina q.b. mescolare con cura e agitare per bene prima di servire. Che l’indomani siano così rincoglioniti da sbagliare al rialzo i rating di tutti i paesi, anche quelli con le pezze al culo,  nei quali la valuta ufficiale è così svalutata che per pagare nei negozi si usano tavolette di escrementi di bovino essiccati.

Basterebbe?

Forse no, ma sai le risate sui giornali il giorno dopo?

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