Internet nell’epoca di internet

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E’ fresca di un paio di giorni la polemica sul taglio che la nota trasmissione Report avrebbe dato alla puntata dedicata ad internet. In due parole la polemica è questa “Report ha fatto una puntata terroristica, tutta focalizzata a mettere in luce in modo esagerato gli aspetti più negativi della rete”. La risposta in breve è stata “Abbiamo usato un linguaggio semplice per adattare la complessità dell’argomento a un pubblico che può essere completamente a digiuno di informatica”.

Lo dico subito, io la puntata non l’ho vista, magari me la guarderò in streaming, vedrò. Però il discorso mi fa pensare a quanto sia facile oggi essere tagliati fuori da un mondo che s’è sviluppato tanto velocemente. Oggi il web lo diamo per scontato, ma quando ho iniziato a fare i primi abbozzi di pagine html per l’università, nel 1994, il web era stato reso pubblico da un annetto circa e non avevo nemmeno la connessione da casa.

Ora è difficile immaginare di vivere senza il web, e di ciò si stanno rendendo conto anche gli appartenenti alla generazione dei miei genitori. I quali però nascono senza gli anticorpi necessari per difendersi dai rischi che corrono per la rete. Persone come mio padre, che è pur volenteroso e che nel tempo ha imparato a fare tante cose col computer, masterizzare compilation, navigare online, usare semplici programmi di fotoritocco, sono costrette a inseguire la tecnologia.

Tutti noi inseguiamo la tecnologia. E, se non ci siamo costretti per lavoro, è facile rimanere indietro. Ma io col computer ci sono nato, alcune cose le so perché so a cosa servono e parto con una velocità diversa da quella di mio padre. So grossomodo utilizzare a senso programmi che non ho mai visto, perché sono simili nei comandi ad altri programmi che posso aver già incontrato. La differenza tra alfabetismo e semi-analfabetismo informatico è nell’approccio. Persone della generazione dei miei genitori hanno l’approccio del FARE, ripetono il comando perché hanno imparato che il tale tasto SERVE per fare la tal cosa. Niente di male, ma è un approccio limitato. E’ diverso da CAPIRE realmente quello che si sta facendo.

Per questo motivo se a mio padre cambiassi l’interfaccia utente del programma che utilizza tutti i giorni, si bloccherebbe e chiederebbe aiuto. Non ritroverebbe più i tasti a cui s’è abituato. Più volte l’ho invitato a sperimentare i comandi, a provare in prima persona la relazione causa-effetto che sta dietro al semplice click di un tasto, ma a quel punto prende la paura di combinare cazzate e di generare disastri informatici epocali.

Ecco, quello che contraddistingue certi utenti da altri è la paura. Il computer fa paura. Internet, in una certa misura, fa paura. Si possono perdere dei dati importanti, si possono prendere dei virus. Il danno materiale.
Internet, paradossalmente, in molti utenti fa paura in modo errato. Ci sono persone che diffidano dall’inserire i dati della propria carta di credito su siti famosi e affidabili, ma non esitano a diffondere tutti i cazzi loro sui social network più luccicanti, senza preoccuparsi delle impostazioni di privacy.

Non ho visto l’ultima puntata di Report. Non so quale taglio sia stato dato alla trasmissione e in quale misura si sia fatto terrorismo o informazione. Ma è chiaro che il tipo di comunicazione diretta a persone che con la rete hanno a che fare tutti i giorni sia necessariamente diversa da quella necessaria per spiegare la realtà di internet a coloro che a malapena sanno utilizzare un mouse.

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