Il brand che crea l’atmosfera

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In questi giorni ho iniziato a leggere “Le bugie del Marketing” di Martin Lindstrom, un interessante saggio che evidenzia alcune delle tecniche tra le meno note con cui le agenzie di marketing di tutto il mondo cercano di farci rimanere attaccati per le palle ai prodotti dei loro clienti, che di solito sono i brand più famosi al mondo.

Il primo capitolo illustra una serie di espedienti usati per colpire l’immaginazione dei bambini, per fare in modo che un tal brand rimanga scolpito in modo indelebile nella memoria del pargolo, per 3 principali motivi:

  1. Il pargolo stresserà i genitori per l’acquisto del brand, i genitori alla fine cederanno e diventeranno anch’essi dei consumatori del brand
  2. Il pargolo crescerà, in età adulta associerà il brand ai dolci ricordi della propria fanciullezza, conferendo al marchio stesso, tramite il potere della nostalgia e del ricordo, valori di positività puramente soggettivi e spesso costruiti a tavolino
  3. Il pargolo, ormai cresciuto nel culto del brand, lo proporrà alla propria prole, reiterando il circolo vizioso alla generazione successiva

Ecco, al di là di considerazioni economiche o morali, il mio pensiero è andato ai giorni della mia infanzia. Mi sono chiesto quali fossero i marchi più importanti per me, e quali mi sono portato dietro per tutta la vita.

Il fatto di essere cresciuto in un periodo in cui le multinazionali stavano solo iniziando ad affacciarsi sul mercato globale, in un’epoca in cui il termine “brand” non aveva la stessa accezione attuale (e probabilmente in italiano non era ancora arrivato), forse mi ha messo al riparo da tecniche perfezionate solo negli anni successivi. Negli anni ’70 il “brand” era la “marca” di un prodotto. Era un nome, uno slogan, poco più. Non si portava dietro complesse filosofie di marketing atte ad associare specifiche qualità morali ad un marchio. I brand degli anni ’70 erano molto più deboli di quelli attuali, ma non significa che non esistessero.

Il primo brand che mi viene in mente è Coca Cola, già brand moderno anche allora. I miei genitori non me ne compravano molta, ma mi piaceva. Dall’adolescenza ho iniziato a berla con regolarità, preferendola sempre alla Pepsi, per motivi che non so spiegare ma che credo vadano oltre il semplice gusto. Nonostante le pubblicità di Michael J. Fox in piena epoca Casa Keaton/Ritorno al Futuro.

LEGO è stato il brand più importante della mia infanzia, probabilmente. Se penso a LEGO ho solo ricordi positivi, se avessi un/a figlio/a gli/le comprerei sicuramente i mattoncini e giocherei con lui/lei. Il mio sogno d’infanzia era andare a Legoland in Danimarca. LEGO però adottava già abbozzi di strategia di marketing moderno e co-branding, e lo sa bene chi ci giocava: basta solo che io scriva Shell, il distributore ufficiale di benzina della città dei mattoncini. Per tutta l’infanzia non ho mai visto dal vivo un distributore Shell, forse in italia non c’erano, ma se l’avessi mai incrociato avrei sicuramente costretto mio padre a fermarcisi.

Biscotti: Plasmon e Krumiri Bistefani, li adoravo da bambino e li adoro ancora adesso, i Plasmon sono i miei biscotti preferiti in assoluto.

Disney, sicuramente. Ero un avido lettore di Topolino, nelle edizioni della Arnoldo Mondadori, anche se i lungometraggi li trovavo noiosi. Ora sono affezionato alle vecchie storie, quelle con Topolino in pantaloncini rossi, ma continuo ancora a trovare noiosi i lungometraggi.

Ero legato a molte marche piccole o destinate a scomparire col tempo, i gelati Eldorado, i ghiaccioli Conti, le biciclette Carnielli, i mattoncini Tente, i trenini Lima, le piste Polistil, in età più avanzata i computer Commodore, tanto per dire i primi che mi vengono in mente.

Ho l’impressione che gli anni ’70 fossero un’epoca di fanciullezza anche per la cultura del brand, non solo per me. Almeno in una provincia dell’Impero com’era (è) l’Italia. Sospetto che in america le cose fossero già molto più avanzate, che il brand godesse già di vita propria, ma che non avesse ancora fatto il salto globale.

Credo che per le nuove generazioni sia una faccenda decisamente più interessante. E con “interessante” intendo dire “spaventosa”, naturalmente.

 

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