Del determinismo, del senso della vita e altre quisquillie

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Recentemente un bellissimo post di Mudcrutch, qualche commento di Dedee e alcuni discorsi con Itta, mi hanno fatto riflettere su questioni a cui di solito non bado molto.

Io non penso mai alla morte, già faccio fatica ad adattarmi al tempo che passa: nella mia testa penso sempre d’avere molti anni in meno della mia reale età, e quando m’accorgo della discrepanza rimango sempre un po’ così, come uno che a Natale scopre d’aver già aperto tutti i suoi regali la sera della vigilia.
Per fortuna finora ho avuto a che fare relativamente poche volte con la morte, e in circostanze in cui poteva essere lecito aspettarsela. Stessa cosa per malattie più o meno gravi. E se da un lato è naturalmente un sollievo per me e per le persone che mi stanno attorno, d’altro canto mi ritrovo ad essere alla veneranda età di …eeehmm.. anni quasi completamente impreparato a tali eventualità.

Che discorso del cazzo, tutti quanti siamo impreparati, la prima volta. A tutti quanti prima o poi tocca fare i conti con qualcosa di estremamente doloroso e spiacevole, e a tutti quanti tocca venire a patti con le proprie paure, più o meno palesi. Perché non è detto che chi non pensa mai alla morte, alla fine la sappia accettare meglio di chi ne fa il fulcro della propria vita. Anzi, pensare d’essere immortale, e pensare che pure i nostri cari lo siano, ti fa vivere con apparente tranquillità, salvo poi farti precipitare in un improvviso abisso di paura, rimpianto e rimorso, molto più intensamente di chi ne ha già provato a scandagliare la profondità e a misurarne forma e consistenza delle superfici.

In fondo lo so che non siamo immortali e che abbiamo una spiccata tendenza ad invecchiare. E se ci penso mi prende l’angoscia, come a tutti. Ma è che per me certe cose sono facili da dimenticare.

Di recente poi ho scoperto che il mio naso pende a destra (e questa ve la sparo lì con nonchalance, tanto per far vedere che cito Pirandello a memoria, e non per il fatto che lo sto rileggendo proprio in questi giorni). Che, insomma, proprio a posto non fossi, beh, me l’ero già data da un po’. Ma quello che ignoravo è quanto fossi banale nella mia follia.

E’ che Itta si diverte a leggere i suoi libri di Psicologia, e si diverte ancor di più se riesce a beccare nelle descrizioni i tratti suoi o delle persone a lei note. E non sto a dire quanto s’è divertita quando è riuscita a trovare la mia descrizione scritta lì, nero su bianco, su uno dei suoi testi di studio.

La cosa m’ha turbato, lo confesso. Perché uno passa tutta la vita a pensare d’essere così unico e originale, magari non perfetto (è un’eventualità che devo almeno prendere in considerazione), ma libero di scegliere il proprio destino. E invece no. E invece un giorno quel tizio scopre che la sua vita, i suoi pensieri, i suoi comportamenti, le sue paure, il suo modo di affrontarle, tutte quelle cose che magari non ha mai detto a nessuno, sono lì, su un libro descritte in modo sorprendentemente preciso.

Beh, a me ha fatto impressione. Vedermi lì, descritto nei miei meccanismi di difesa più intimi da qualcuno che non ho mai visto né sentito. Sapere che in fondo non sono così unico e originale, che chissà quanti milioni di persone al mondo hanno i miei pensieri, e a stimoli simili reagiscono in maniera identica a me. Certo, non pensavo d’essere chissà quale esempio d’originalità, la mia vità è piuttosto comune. Ma vedere i miei pensieri spiattellati a tutti, lì, nero su bianco…..

C’è chi trova tutto ciò rassicurante, vedersi raccontato su un libro, sapere che altri condividono i nostri processi mentali. Io lo trovo un po’.. boh… sminuente? Ecco, sì, sminuente della persona, della sua individualità, e per certi versi della sua libertà. Non che mi sia impedito di fare qualcosa, ovvio. Ma ciò che farò, con tutta probabilità, ricadrà in uno schema mentale già studiato e analizzato da chissà quante persone. Come una specie di determinismo subdolo di cui nessuno m’aveva mai detto niente. Con buona pace del libero arbitrio.

Fanculo. Io da domani faccio finta d’avere un altro stile d’attaccamento, e mi comporto di conseguenza. Così li fotto tutti. Così vediamo chi è più furbo, ah sì che lo vediamo!

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Starò mica diventando paranoico?

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