Dalla testa alla coda

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La notizia del giorno è che la gente fa la coda prima dell’apertura dei negozi per acquistare un iPhone 5. E giù sui social network l’indignazione della brava gente comune sul malcostume diffuso, in questi tempi di crisi, di fare ore di coda per acquistare oggetti così inutili e costosi e che ci scommetto che la maggior parte sono disoccupati che tornano a casa e si lamentano che non riescono ad arrivare alla fine del mese che poi sarebbe meglio se scendessero in piazza per protestare contro la corruzione la politica l’economia la crisi tuanonna invece che per un fottuto telefonino.

Ora, io non capisco perché quest’anno la cosa scandalizzi così tanto e gli anni scorsi non se l’è cagata nessuno, visto che non è certo la prima volta che succede, evidentemente anche l’indignazione su facebook è diventata un comportamento di moda. Ma poi, saranno un po’ cazzi loro?

Io non credo farei mai una notte all’addiaccio solo per essere il primo del mio quartiere ad acquistare un nuovo telefono. E, lo confesso, non capisco chi si prende la briga di farlo. Anche perché, ragionando da ingegnere, di solito i primi esemplari di un nuovo prodotto sono quelli che hanno tutte le magagne più evidenti che, col tempo, vengono sistemate. Ma mi viene da sorridere quando la gente tira in ballo la crisi: fatemi capire, se non ci fosse la crisi per voi sarebbe tutto ok?

Io credo che, anche a causa degli effetti depressivi dell’onnipresente e perdurante crisi (ma non solo), queste persone abbiano un grandissimo desiderio di autogratificazione. E abbiano deciso di sublimarlo regalandosi un costosissimo giocattolo. Non voglio fare i conti in tasca a costoro, immagino che almeno i soldi per pagarselo ce li abbiano, non è che in tempo di crisi siano per forza tutti disoccupati nullatenenti. La cosa non mi sconvolge, io stesso ho il modello precedente, che ho ottenuto con la più conveniente forma di abbonamento disponibile sul mercato. Non è il possesso di un costoso giocattolo che mi fa sollevare le sopracciglia.

Il fenomeno della coda è già più interessante, perché dimostra appieno la potenza del brand. Ed infatti Samsung ha giocato sul fenomeno realizzando (già l’anno scorso…) spot pubblicitari che mettevano in ridicolo gli acquirenti Apple, quei pecoroni che stanno in coda, tanto per rientrare sull’argomento del post precedente. Apple ha un brand potente, ogni volta che esce un suo nuovo giocattolo la notizia esplode su tutti mezzi di comunicazione. Ma non solo, già mesi prima dell’uscita del nuovo modello (ne esce generalmente uno all’anno, è facile fare il conto) tutta la stampa, e non solo quella di settore (notate bene, diventa difficile in questo modo ignorare totalmente l’argomento), fa uscire indiscrezioni e speculazioni su quali mirabolanti caratteristiche avrà il prossimo gioiellino.

Tutto questo genera, in una parola, il cosiddetto hype. Hype è un concetto piuttosto recente, è la sensazione di eccitazione che si prova nel lento processo di rivelazione di un nuovo prodotto commerciale (telefonino, film, disco, computer…) dai primi pettegolezzi, alle prime notizie confermate, alla marea di voci incontrollate che ogni volta escono fuori, fino all’uscita del prodotto vero e proprio, a mesi di distanza. E’ una tecnica di marketing. E’ la più efficace tecnica di marketing. Una tecnica che si possono permettere solo brand molto carismatici (ed Apple è il brand più carismatico al mondo) e che porta i consumatori a supplicare in ginocchio (o addirittura sdraiati, in coda) la megaditta di vender loro il nuovo fantastico prodotto, qualsiasi esso sia, anche se nessuno l’ha ancora mai provato, anche se nessuno sa ancora quanto sarà buono.

Ecco, questo è hype, l’equivalente in chiave marketing di un lento estenuante spogliarello. La gente in coda davanti agli Apple Store non mi fa poi rabbia. Vogliono dormire davanti ad un negozio per un nuovo telefono? Affari loro. Siamo tutti talmente bombardati dalle strategia di vendita di ditte più o meno grandi (no, non voglio cambiare compagnia del gas, cazzo!), che non posso provare rabbia per costoro. Sono semplicemente la manifestazione più evidente di un meccanismo a cui tutti siamo soggetti, in quanto potenziali acquirenti.

Poi, vabbé, anche io non dovrei prendere così sul serio le minchiate che la gente dice su facebook.

 

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