Cose che (non) mi mancheranno: 4 – L’appartenenza

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Riassunto delle puntate precedenti: il giovine Hardla esce finalmente da casa dei suoi e butta già alcune impressioni agrodolci.

Questa non sapevo come chiamarla, e m’è uscito un sostantivo che sembra il nome di un gioco di ruolo. Racchiude dentro un bel po’ di cose che non so neppure se possono essere racchiuse assieme.

E’ quella sensazione un po’ strana che ti fa aprire il mobile della cucina dei tuoi in cerca di un biscotto, e avere l’impressione di stare frugando in casa d’altri. Cosa peraltro vera, anche se quella è stata casa tua per 35 anni e quel mobile l’hai aperto milioni di volte. Che quindi potevi anche evitarti la fatica, tanto lo sapevi già da prima che non c’avresti trovato un cazzo. Ma tu testardo, eh? Non imparerai mai.

E’ che l’altra sera vagavo al buio nel corridoio in cerca dell’interruttore della luce. Quante volte avrò acceso la luce in quel corridoio? Bè l’altra sera ho provato ad accendere un interruttore che, in quel preciso punto, non c’è più da almeno 15 anni. Mi sono sentito cretino. Più del solito.

E questo dopo solo poche settimane. Fa effetto, a pensarci. Ma è normale, a pensarci anche meglio.
Si chiama Alzheimer.

PS – Due post in due giorni. Per sei mesi sono a posto.

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