Che succede

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Succede che scrivere mi costa fatica. Ora faccio foto, e con le foto non devo argomentare, non devo dimostrare nulla, solo mostrare e lasciare a chi guarda trarre le proprie conclusioni. Che poi anche fotografare mi costa fatica, ma meno che scrivere. Tutto da qualche tempo a questa parte mi costa incredibile sanguinosa fatica.

Succede che di recente è morta una mia amica. Potrei scrivere “è mancata” o “ci ha lasciato”, ma no, è proprio morta. E qui non mi va di usare delicate perifrasi.

Succede che avrei voluto esserle più vicino, essere più vicino a suo marito, anche lui mio caro amico. Succede che mi ci sono riavvicinato quando ormai era tanto tardi e non riesco a perdonarmi per questo. Ho paura di non essere stato degno della definizione di amico. Ma questa è una cosa mia, immagino, loro avevano ben altro a cui pensare e non credo lei si sia messa fare una lista dei buoni e dei cattivi. E poi non era per niente il tipo.

E niente, è uno dei dolori più forti che abbia mai sperimentato. Il più forte, probabilmente. Per lei, ovviamente. Per lui, che rimane qui a crescere una bimba. Ma anche per me. Mi si perdoni questo umano egoismo.

Perché sono convinto che sia inevitabile sperimentare una maggiore empatia quando l’identificazione è più facile. Non voglio sentirmi in colpa anche per questo. Ma mi sembra ovvio che un certo grado di immedesimazione sia scontato quando una tua coetanea muore a 44 anni. O forse a qualsiasi età. Solo che ai vecchi succede più spesso e ci sono più abituati. Per me è la prima volta e non ho ancora sviluppato gli anticorpi per gestire questa cosa cosa con nonchalance.

Perché al posto del mio amico, che è rimasto con noi a gestire il suo straziante dolore,  avrei potuto esserci io, se un anno fa le cose avessero preso una piega diversa per la persona che amo. E questo mi sembra che mi autorizzi ad immedesimarmi almeno un po’ senza che nessuno possa dire un cazzo di niente.

E’ stato l’anno più difficile della mia vita, e ciò nonostante non mi sento pienamente autorizzato ad esercitare il mugugno, un diritto di nascita di tutti noi genovesi. Ho fresco davanti agli occhi l’esempio di un vero anno di merda, e non è certo il mio.

Qui è dove partono i buoni propositi. Sinceri e sentiti. Ma questi me li tengo per me. non che siano così sconvolgenti, ve li potete immaginare. Solo che voglio preservare almeno un po’ di elegante silenzio. Una cosa però la voglio scrivere: sono determinato a praticare maggiormente l’empatia, che per anni ho cercato di smorzare per mie necessità.  E voglio imparare a mostrare chiaramente alle persone che mi sono vicine quanto mi sono importanti e necessarie, perché non voglio più correre il rischio che la cosa non venga sufficientemente colta dagli interessati.

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