Campagna Non Elettorale

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Oh, è successo che sabato scorso un distinto manipolo di giovani gentiluomini e gentildonne di città ha deciso, dopo aver ponderato con cura la cosa, di concedersi una gita in una ridente località collinare della Valpolcevera. Ma noi non li abbiamo mica visti.
E per ‘noi’ intendo me e i miei amici, che, guarda caso, eravamo da quelle parti, lo stesso giorno. Siamo arrivati di buon’ora al paese dove solevo trascorrere tutte le mie vacanze estive (tutte! e dico proprio tutte, eh!), fino a quando non ho avuto l’età legale per oppormi. L’intenzione era di goderci un meraviglioso pomeriggio di sole e infatti, appena arrivati, ci siamo chiusi nell’unico bar del paese.

Un’ora,tre panini al salame, quattro caffé e parecchie coca-cola dopo (senza esserci fatti mancare neppure una partita a stecche e un torneo improvvisato al calcetto), eravamo quindi pronti ad affrontare a piedi i tortuosi sentieri carrabili del luogo. Veri temerari, senza neppure un GPS, ma con 8 cellulari per 7 persone, di cui due palmari.

Gli autoctoni ci guardavano parecchio incuriositi, forse perché tra noi c’era gente che usa con ostentata indifferenza parole difficili come ‘autoctoni’. O forse perché le ragazze sembravano appena uscite da una boutique: un abbigliamento di estremo buon gusto, sia chiaro, ma forse poco adatto alle passeggiate campestri. E comunque di roba simile da quelle parti non è che ne giri tutti i giorni. Poi i villici hanno visto me, e immediatamente hanno capito tutto.
Che da quella volta che Dedee è arrivato in paese con un prototipo Lancia, una cosa enorme e tutta nera, tipo Kitt, e con ancora su lo scotch nero per nascondere i dettagli estetici, perché quel modello sarebbe uscito sul mercato solo alcuni mesi dopo, beh dicevo, da quella volta lì non si sorprendono più di nulla, quando mi vedono. Magari pensano che la mia vita sia tutta fighe e macchine sportive. Poteva andarmi peggio, come reputazione. Male che mi vada passo per pappone. E lo stesso poteva andarmi parecchio peggio, visto quello che dicono normalmente di tutti gli altri.


Gitarella per sentieri, trascorsa piacevolmente con le ragazze che si scambiavano opinioni su quali parti del corpo rifarsi tra 15 anni. Noi, invece, dissertavamo aulicamente sui soliti massimi sistemi del mondo: figa, calcio e computer. Nel frattempo arrivano anche Il Subcomandante Marzia e Spassky, che hanno tardato, è vero, ma avevano valide ragioni. Dovevano preparare un Tiramisù Equo e Solidale, e mica è facile trovare ingredienti etici a Ronco Scrivia.
Il cacao, ad esempio, l’hanno dovuto ordinare un mese fa dalla Colombia, e non vi dico la faccia del Subcomandante quando ha aperto il pacco e ne ha tirato fuori un sacchetto di cocaina destinata a certi spacciatori di Milano. "E adesso il Tiramisù come cazzo lo preparo?", stava già sfiammando al telefono, mentre ordinava alla Brigata del Popolo "Hasta la Victoria" di dare fuoco alla Colombia in segno di pacata protesta. Spassky in questo frangente è stato geniale. Senza farsi notare ha prelevato dal doppio fondo dell’armadio, in cui nasconde le sue riserve di prodotti non equi né tantomeno solidali, un sacchetto di Cacao Nestlé, facendo credere al Subcomandante d’averlo trovato dentro al pacco, e che la cocaina probabilmente era un campione omaggio di prova, un po’ come fanno nelle profumerie.

Anche se loro non l’hanno detto, sospetto che, nel viaggio da Ronco, abbiano trovato il tempo di annettere alla loro causa rivoluzionaria anche Busalla e Mignanego. Che poi spiegherebbe perché in macchina c’avevano il Risiko, che per tutti è un innocuo gioco guerrafondaio, ma invece loro lo usano per pianificare la prossima conquista del mondo. Vabbé, per farla breve, a una certa ora siamo entrati nella mia casetta di campagna, affamati e infreddoliti manco avessimo fatto la traversata a piedi del Polo Nord. Ci siamo spontaneamente divisi le mansioni, secondo le competenze.
Panzon e alcune ragazze sono andati in cucina. Io e Spassky abbiamo smontato e rimontato un stereo, collegandolo al mio i-Pod. Il Subcomandante Marzia s’è occupata della stufa, che visto che non aveva potuto dar fuoco alla Colombia, le era rimasta una voglia incendiaria inespressa. Claudio e Dria discutevano seduti sul divano.


Poi però io ho iniziato a preparare i cocktail, sono saltati i tappi delle bottiglie di vino e, misteriosamente, i miei ricordi si fanno più incerti. Quello che è certo è che: due etti di pansoti con salsa di noci, per me sono troppi. E infatti mi sono alzato da tavola per non tornarci più, neppure (e specialmente) quando sono arrivati salumi e salsiccia. Finita la cena abbiamo iniziato a smaltire, sospinti dall’alcool, cantando e ballando in sala. Un ricordo: dopo parecchie ore ho intimato agli altri di abbassare il volume "che qui ci vive gente e non si può fare ‘sto casino a quest’ora, che sarà almeno l’unemmezza". Mi hanno guardato tutti molto perplessi, erano le dieci e un quarto. Ho scoperto in seguito che avevamo più o meno finito di cenare per le seiemmezza-sette, roba che neppure in ospedale mangi così presto. Non fa una grinza.

Altri flash, Claudio, ragazzo solitamente riservato, che si faceva irretire sulla "pista da ballo" (chiamiamola così) da Deborah, Paola e Danielina, che evidentemente avevano fiutato l’odore del sangue. Lui, con molta classe, ha finto di essere restìo a ballare, alimentando così l’irruenza delle invasate. Io, invece, ho cantato tutto il cantabile, e non pensiate che sia solo colpa dell’alcool. Faccio così anche a casa, ma prima verifico d’essere da solo.
Poi naturalmente le solite foto stronze: Dria Panzon e io, che cantiamo in coro; Dria Panzon e io che facciamo le figurine dell’Honduras. Spassky e io che sperimentiamo pose singolari allo specchio. Oh, avete notato che nelle foto stronze io non manco mai? E vi risparmio quando facevo il cantante col manico della padella come microfono.
Ah, e stavo dimenticando il Drinkal Pursuit, che c’ha risollevato quando già la serata iniziava a languire. Funziona così, fai una domanda del Trivial Pursuit: se qualcuno risponde, bevi, altrimenti bevono gli altri. Idea brillante, da sviluppare meglio.

All’unemmezza, quella vera stavolta, le prime defezioni. Alle duemmezza, dopo una doppia dose di té verde e miele, tutti a casa. E’ stata una bella giornata. Almeno, per quello che riesco a ricordare. Mannò dai, è stata bella, non ci sono cazzi.

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