Buona creanza a tutti

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In ufficio le regole del vivere civile devono essere seguite con una certa scrupolosità. E non solo per dimostrare il proprio rispetto verso gli altri, anzi. Spesso dobbiamo rispettare queste regole nonostante la nostra voglia di dimostrare alle persone che ci stanno abitualmente intorno quanto realmente le rispettiamo.

La buona creanza, in ufficio, dev’essere tenuta per pararsi il culo, l’attività di gran lunga più faticosa e praticata negli ambienti lavorativi: se la gente utilizzasse il tempo impiegato per pararsi il culo per svolgere effettivamente del lavoro, in Italia avremmo un PIL della madonna. Tale attività è però necessaria per il semplice motivo che i luoghi di lavoro, e in particolare gli uffici, sono in realtà delle scuole elementari, seppur ammantate di paroloni seriosi business-like e molto know-how. A scuola se venivi beccato a fare una puzzetta o un ruttino, diventavi lo zimbello della classe. Stessa cosa negli uffici, ma in più dimostri scarsa adesione alla mission e ai valori aziendali.

Io ho il terrore di scivolare in una di queste défaillance. Ho la fottuta paura che, colto in un momento di distrazione o di abbiocco mentale post-prandiale, mi scappi un rutto liberatorio a celebrazione del pesantissimo polpettone mangiato in pausa pranzo. Temo di non riuscire a rendermi conto per tempo di non essere a casa mia, da solo, perché io a casa mia non avrei certo freni, e di iniziare a chiudere la stalla quando un po’ di buoi sono già scappati, se mi passate la metafora da proverbio. Che poi i miei rutti sono da dilettanti, robette maffe, mica come quelli di tusaichestoparlandodite che, forse per l’impostazione lirica, raggiungono gradi di perfezione che nemmeno i muratori di Utrecht dopo una cassa di birra. Mad Max non è l’unico che va oltre la sfera del tuono, ve lo garantisco.

Per anni ho avuto paura che il gorgogliare d’aria che il mio corpo inopportunamente emette venisse scambiato per una scorregia. Ma la cosa che più mi desta preoccupazione è che, dopo il suddetto polpettone, mi venga un attacco di abbiocco fulminante. Direte voi “e che cazzo prendi il polpettone? cambia piatto”, e grazie al cazzo, lo so da me, ma non funziona. E’ che ogni tanto, senza nessuna possibilità di prevedere il momento, qualsiasi cosa abbia mangiato o non mangiato a pranzo, ho un impulso violento all’abbiocco. Tipo che non riesco a tenere gli occhi aperti per più di 10 seocndi alla volta, manco m’avessero versato il sonnifero direttamente in bocca.

Una volta, per fortuna ero da solo in stanza sennò sai la smerdata, mi sono addormentato secco, seduto alla mia postazione, in posizione eretta. E mi sono risvegliato qualche minuto dopo col rumore del mio russare. Tipo che se mi giocavo questo numero in un altro momento diventavo sicuramente l’impiegato del mese ad honorem per le successive 12 mensilità.

Il caffé non mi piace, il té della macchinetta non serve a nulla, la coca cola mi fa un po’ digerire, ma di sicuro non mi tiene sveglio. Mi hanno suggerito la Red Bull, ma nelle nostre macchinette non si trova. A volte m’è capitato di fare un pisolino in pausa pranzo, su una panchina, ma ora fa freddo e piove. Rimpiango i tempi della casa dello studente, quando scattava il riposino sul banco in aula studio, braccia incrociate sul tavolo come cuscino, senza stare a scomodare il sonnellino dell’asilo, che rispettava pienamente la mission. Bei tempi.

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