Buon lavoro

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Io quelli che mi augurano “buon lavoro” proprio non li sopporto. Non sto salvando il mondo, non sto trovando la cura per il cancro, non sto perfezionando l’energia rinnovabile perfetta che sostituirà il petrolio. Sono un impiegato, faccio il mio onesto lavoro di routine, come tutti, come tutti i giorni. Non ho bisogno di sentirmi dire “buon lavoro” quando mi accomiato da qualcuno.

“Buon lavoro” lo posso ammettere in selezionate circostanze. Tipo quando uno sta ultimando un compito particolare, una cosa speciale, o un fastidioso lavoro manuale. Comunque lo riferisco ad un singolo lavoro o compito da svolgere, con esito più o meno importante, ma chiaro e riconoscibile. Tanto per fare un esempio:

  • Ciao Jack, vieni in pizzeria?
  • No, non posso, devo proprio riparare la bicicletta (formattare il computer, studiare un libro, pettinare il cane…)
  • Ah, buon lavoro, allora!

In un contesto impiegatizio in cui il lavoro è a ciclo continuo io proprio non vedo un episodio particolare che richieda un augurio speciale.

Un “buon lavoro” lanciato così a caso mi fa tanto cummenda milanese berlusconiano in doppio petto. Mi sta profondamente antipatico. Alla peggio, se proprio lo si deve dire, lo si può pronunciare come presa in giro a qualcuno che lavora mentre tu fai festa. Ma anche così, sai che spasso….

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